“Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi” è il tema del primo dei sei eventi collaterali alla mostra “Histri in Istria”, realizzata dalla Comunità Croata di Trieste/Hrvatska Zajednica u Trstu insieme al Museo Archeologico dell’Istria/Arheološki Muzej Istre u Puli, in coorganizzazione con il Comune di Trieste, allestita al Museo di Antichità “J.J. Winckelmann” di Trieste e aperta al pubblico fino al 1 aprile 2024, da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 17.00. Incentrata su storia, usi e costumi degli Istri, è un viaggio attraverso oltre 200 reperti archeologici alla riscoperta del popolo che ha dato il nome alla penisola Istriana e che ne ha abitato le terre fino alla caduta del centro fortificato di Nesazio nel 177 a.C. Una preziosa esposizione realizzata con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione CRTrieste e di diverse Istituzioni croate.
Martedì 16 gennaio 2024, alle ore 17.30, alla sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich, via Rossini 4, i relatori Gino Bandelli e Marzia Vidulli Torlo si soffermeranno sull’insediamento di Nesazio, importante per il controllo delle dinamiche territoriali e commerciali dell’Istria interna. I ricchi ritrovamenti hanno dimostrato come, soprattutto Nesazio, rientrasse nel circuito adriatico di scambi e di traffici commerciali, ricoprendo un ruolo centrale in una rete di contatti che permetteva l’acquisizione di beni di prestigio volti alla legittimazione del rango di alcuni personaggi o di alcune famiglie, certamente aristocratiche, in rapporto con il mondo italico centro meridionale e poi con l’area del Caput Adriae.
Gino Bandelli è stato professore ordinario di Storia romana prima nell’Università di Verona, poi nell’Università di Trieste. Ha diretto il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Trieste, ed è stato membro del Senato accademico dell’Università di Trieste, come rappresentante dell’Area 9. Attualmente è Vice-Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia.
È condirettore della collana Studi e Ricerche sulla Gallia Cisalpina, inaugurata nel 1988 e giunta nel 2019 al ventottesimo volume. È condirettore della sezione Studi di Storia romana di Polymnia, collana di Scienze dell’Antichità dell’Università di Trieste, inaugurata nel 2011 e giunta nel 2017 al sesto volume. Ha tenuto relazioni a convegni nazionali e internazionali e corsi di dottorato, seminari e lezioni in Università italiane, spagnole, francesi, svizzere, tedesche, canadesi.
Marzia Vidulli Torlo è funzionario direttivo conservatore del Civico Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”.
Diplomata Maestro d’Arte all’Istituto statale d’Arte “E. e U. Nordio” nella sezione Decorazione navale, ha conseguito la Maturità d’Arte Applicata. Ha frequentato la facoltà di Storia dell’Arte dell’Ateneo di Trieste laureandosi in archeologia cristiana con una tesi sulla Basilica Eufrasiana di Parenzo, come allieva del professor Mario Mirabella Roberti.
Subito dopo la laurea è iniziata la collaborazione con i Civici Musei di Storia ed Arte: la sua attività si è articolata tra studio, schedatura, cura scientifica delle collezioni, di mostre e allestimenti di sedi museali, con stesura di testi scientifici e il coordinamento di cataloghi e monografie.
In particolare, ha seguito i riallestimenti del Civico Museo Sartorio e delle sue diverse sezioni, il progetto di allestimento del Civico Museo d’Arte Orientale, ma soprattutto si è occupata della progettazione scientifica e del coordinamento dei lavori di sistemazione del Lapidario Tergestino al Castello di San Giusto, dell’Orto Lapidario e del Giardino del Capitano, delle sale romane, di quelle egizie, cipriote, greche, magnogreche, tarantine, Maya e della preistoria locale del Civico Museo di Storia ed Arte, l’odierno Museo d’Antichità Winckelmann.
Ha collaborato inoltre con la Soprintendenza, la Provincia di Trieste, altri enti regionali ed editori locali; ha al suo attivo una ventina di volumi e un numero considerevole di articoli su riviste specializzate. Ha tenuto conferenze e centinaia di visite guidate per il servizio didattico dei Civici Musei e per il pubblico, in particolare nelle manifestazioni “Musei di Sera” e organizzando “Archeologia di Sera”.
La sua appassionata attività ha come fulcro principale la divulgazione dei beni conservati nei musei e nella città promuovendone la conoscenza ad un pubblico sempre più vasto sia attraverso il linguaggio verbale che quello grafico e dell’arredamento museale.
“Nesazio. Dalle fonti ai primi scavi”
Le più antiche fonti letterarie risalenti all’inizio del V secolo a.C. (Periegesis di Ecateo di Mileto datata tra 560 e 480 a.C.) ricordano che la penisola istriana era un territorio abitato dagli Istri e che, venendo da ovest, dopo i Veneti viene il popolo degli Istri e ancora dopo quello dei Liburni, e lo storico romano Strabone (che scrive al passaggio all’era volgare) ricorda che dietro al Timavo c’è il Litorale Istrico fino a Pola, e che rientra nel territorio amministrativo dell’Italia imperiale.
Dalle fonti, si desume quindi che quello degli Istri era un gruppo culturale unitario, insediato tra il fiume Risano, a nord ovest, mentre verso nord e nord-est era limitato dal massiccio della Ciceria (dalle pendici orientali del Monte Maggiore e dal fiume Arsa).
In base agli studi recenti, gli Istri appaiono divisi in diverse stirpi, una comunità di tribù autonome, che solo per l’ultima vana difesa, nel 177 a.C., si arroccano in un unico centro: infatti Tito Livio scrive che i principi istri e lo stesso re, il regulus Epulone, si rifugiarono nell’oppido di Nesazio, assediato e conquistato da Roma. Questa circostanza evidenzia tra l’altro come il sito ancora nel II secolo a.C. mostrava una preponderante immagine di sicurezza e prestigio.
Di Nesazio però si erano perse del tutto le tracce e a partire dal XVI secolo gli studiosi si chiedevano quale fosse la sua posizione. Solo dalla metà dell’800 Pietro Kandler lo segna al margine dell’agro centuriato di Pola, presso Altura, ad appena sei miglia (circa 9 chilometri) da Pola stessa, nel luogo detto Visazze/Vizače, in un paesaggio arrotondato di colline, con il ripido declinare dei versanti verso il mare, all’imboccatura del porto canale di Badò sul Quarnero; una insenatura naturalmente riparata, dove, con caratteri tipicamente carsici, scaturiva in mare una polla di risorgenza che garantiva l’approvvigionamento di acqua dolce.
Su incarico della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, con finanziamento della Provincia dell’Istria, nel 1900 vennero intrapresi i primi scavi archeologici condotti da Alberto Puschi e Piero Sticotti, ambedue in successione direttori del Museo d’Antichità di Trieste. Le campagne di scavo, che si svolsero nei primi due decenni del secolo, misero in luce resti di abitazioni, terme, templi e mura romani, così come una ricca necropoli protostorica. Il ritrovamento di un’iscrizione dedicata all’imperatore Gordiano III da parte della Res Publica Nesactiensium diede allora la conferma che proprio sulla collinetta di Visazze, presso Altura, era lo storico oppido di Nesazio ricordato da Tito Livio.
L’archeologia in Istria ha restituito numerosi siti abitativi e necropoli tali da fornire il panorama di un territorio popolato dagli Istri tra l’età del bronzo finale e la prima età del ferro, caratterizzato da insediamenti anche di considerevole importanza, posti in posizioni strategiche, tanto a dominare la linea costiera, quanto come Nesazio anche al controllo delle dinamiche territoriali e commerciali dell’Istria interna. I ricchi ritrovamenti hanno dimostrato come soprattutto Nesazio rientrasse nel circuito adriatico di scambi e di traffici commerciali, ricoprendo un ruolo centrale in una rete di contatti che permetteva l’acquisizione di beni di prestigio volti alla legittimazione del rango di alcuni personaggi o di alcune famiglie, che potremmo definire certamente aristocratiche, in rapporto con il mondo italico centro meridionale e poi con l’area del Caput Adriae.
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