Una nuova speranza per i pazienti con mielofibrosi: il trattamento innovativo introdotto a Udine
Udine – La mielofibrosi è una neoplasia mieloproliferativa particolarmente aggressiva, che si manifesta spesso in modo subdolo con sintomi come febbre, stanchezza, dolori alle ossa, perdita di peso, sudorazione notturna, prurito e altri disturbi che non trovano una giustificazione immediata. Ogni anno, in Friuli Venezia Giulia, circa 10 nuovi pazienti vengono diagnosticati con questa malattia, a fronte di circa 350 nuove diagnosi in tutta Italia. La mielofibrosi porta a una progressiva compromissione del midollo osseo, interferendo con la produzione normale delle cellule del sangue e causando una serie di complicazioni come l’anemia e l’ingrossamento della milza, la splenomegalia.
Ad oggi, l’unica possibilità di guarigione per i pazienti con mielofibrosi è rappresentata dal trapianto allogenico di cellule emopoietiche, ma questa opzione è riservata solo a una minoranza di pazienti ed è ad alto rischio. Per coloro che non possono sottoporsi a questa procedura, le terapie farmacologiche sono principalmente basate su JAK-inibitori, farmaci che bloccano la proteina JAK2, frequentemente mutata nelle mielofibrosi. Tuttavia, questi farmaci hanno un’efficacia limitata sull’anemia, che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti, aumentando la necessità di frequenti trasfusioni di sangue.
Presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale di Udine, diretto dal professor Renato Fanin, è stato introdotto un trattamento innovativo che offre nuove speranze ai pazienti con mielofibrosi, in particolare per migliorare due tra i sintomi più invalidanti della malattia: splenomegalia e anemia. Si tratta del momelotinib, un farmaco ancora in attesa dell’approvazione ufficiale da parte dell’AIFA, ma già utilizzato in un programma di “uso compassionevole”, accessibile a pazienti che ne facciano richiesta. Come spiega il professor Mario Tiribelli, referente per le patologie mieloproliferative della Clinica Ematologica di Udine, il momelotinib è particolarmente utile per i pazienti con anemia, una condizione che può compromettere gravemente la qualità della vita.
Il momelotinib appartiene alla stessa classe dei JAK-inibitori, ma presenta un meccanismo di azione innovativo che lo differenzia dai farmaci precedenti. Agisce interferendo con meccanismi genetici che regolano il metabolismo del ferro, rendendo disponibile questo elemento essenziale per la produzione di globuli rossi. In studi clinici internazionali, il farmaco ha dimostrato di ridurre la splenomegalia e di aumentare i livelli di emoglobina, migliorando così sia i sintomi legati alla milza ingrossata sia quelli causati dall’anemia.
Nei casi più avanzati, la mielofibrosi può rendere difficili anche le normali attività quotidiane. I pazienti possono diventare dipendenti dalle trasfusioni di sangue, con necessità di recarsi periodicamente in ospedale, talvolta anche settimanalmente, mentre la malattia progredisce. L’ingrossamento della milza, oltre a causare dolore addominale, può comprimere gli organi vicini, causando difficoltà nella digestione e, nei casi più gravi, anche difficoltà respiratorie. Quasi il 20-25% dei pazienti con mielofibrosi diventa dipendente dalle trasfusioni, in quanto la malattia spesso sviluppa una refrattarietà alle stesse.
Il trattamento con momelotinib rappresenta un passo importante verso il miglioramento della vita dei pazienti con mielofibrosi. Con il suo impatto positivo su splenomegalia e anemia, il farmaco potrebbe ridurre significativamente la necessità di trasfusioni e migliorare il benessere generale dei pazienti. Inoltre, se approvato ufficialmente in Italia, il farmaco offrirà una nuova opzione terapeutica a coloro che soffrono di questa grave malattia.