Spiava le figlie minorenni della compagna e i clienti: arrestato installatore di sistemi di sicurezza
Trieste, arrestato installatore di sistemi di sicurezza: filmava di nascosto le figlie della convivente e accedeva abusivamente alle videocamere dei clienti.
TRIESTE - Un uomo, elettricista e installatore di sistemi di videosorveglianza, è stato arrestato dopo che le indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trieste, sezione Cyber, hanno portato alla luce un articolato quadro di condotte illecite consumate sia ai danni delle figlie della convivente sia nei confronti dei propri clienti.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’uomo avrebbe sfruttato le proprie competenze tecniche e l’accesso alle tecnologie di videosorveglianza per violare la dimensione più intima delle persone, trasformando strumenti nati per garantire sicurezza in un mezzo per entrare, senza consenso, nella vita privata altrui.
La scoperta delle immagini sul cellulare del convivente
L’intera vicenda prende avvio nel mese di settembre, quando una donna, residente in provincia di Udine, fa una scoperta sconvolgente: sul telefono cellulare del proprio convivente individua alcune fotografie che ritraggono le sue figlie, minorenni, in stato di nudità.
Sconvolta dal ritrovamento e consapevole della gravità di quanto visto, la donna decide di rivolgersi ai Carabinieri, fornendo ai militari le prime informazioni che daranno impulso a un’approfondita attività investigativa.
La segnalazione viene presa immediatamente in carico dalla Sezione “Cyber” del Nucleo Investigativo di Trieste, struttura specializzata nelle indagini informatiche e digitali, che avvia una complessa attività tecnica per verificare l’origine, la natura e l’eventuale diffusione di quel materiale.
Il tentativo di distruggere il telefono e le analisi forensi
Consapevole del rischio di essere scoperto, l’uomo avrebbe tentato di eliminare le prove distruggendo il proprio telefono cellulare, frantumandolo in più parti prima dell’arrivo dei militari.
Nonostante ciò, gli specialisti dell’Arma, grazie a sofisticate tecniche di analisi forense, sono riusciti a recuperare integralmente il contenuto del dispositivo.
All’interno della memoria del telefono, gli investigatori hanno rinvenuto numerose fotografie delle minori, non solo conservate, ma anche accuratamente archiviate e catalogate, con riferimenti che permettevano di collegarle in modo diretto alle figlie della convivente.
Questi elementi hanno rafforzato in modo significativo il quadro indiziario, portando l’Autorità giudiziaria a disporre ulteriori approfondimenti investigativi e una perquisizione mirata.
La perquisizione in casa e il sequestro di dispositivi elettronici
Alla luce del materiale già emerso, l’Autorità Giudiziaria ha emesso un decreto di perquisizione presso l’abitazione dell’indagato, con l’obiettivo di individuare altri dispositivi potenzialmente utilizzati per la conservazione o la produzione di contenuti illeciti.
Nel corso dell’operazione, i Carabinieri hanno proceduto al sequestro di un nuovo telefono cellulare, di hard disk e di diversi supporti informatici ritenuti di interesse investigativo. Ogni dispositivo è stato acquisito e messo a disposizione degli specialisti per ulteriori accertamenti tecnici.
La perquisizione non si è limitata a un mero ritrovamento di strumenti: dall’analisi del materiale informatico sequestrato sono emersi ulteriori riscontri che hanno ampliato lo scenario delle condotte contestate, delineando un’attività sistematica e non occasionale.
Accessi abusivi alle telecamere installate nelle abitazioni dei clienti
Durante gli accertamenti nell’abitazione e sui dispositivi, i militari hanno riscontrato un ulteriore elemento di grande gravità. L’uomo, che di professione si occupava di installazione di sistemi di sicurezza e videosorveglianza, aveva configurato sul proprio smartphone diverse applicazioni che gli consentivano di collegarsi da remoto alle telecamere installate presso le abitazioni dei suoi clienti.
Secondo quanto emerso, tali accessi sarebbero avvenuti senza il consenso degli utenti e con finalità completamente estranee alle esigenze tecniche o manutentive tipiche del servizio di installazione.
Attraverso queste applicazioni, l’indagato avrebbe potuto non solo visualizzare in tempo reale quanto accadeva all’interno delle case, ma anche scaricare e archiviare immagini e filmati, violando in modo pesante la vita privata delle persone che si erano affidate a lui per sentirsi più sicure in casa propria.
Le vittime, una volta informate dagli investigatori della possibilità che le loro immagini fossero state visionate e scaricate, hanno sporto denuncia, contribuendo a definire l’estensione del danno subito e il numero potenziale di soggetti coinvolti.
L’arresto in flagranza per interferenze illecite nella vita privata
Alla luce degli elementi raccolti, l’uomo è stato tratto in arresto in flagranza per il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis del codice penale).
Questo reato, previsto dall’ordinamento italiano, punisce chi, mediante strumenti di ripresa visiva o sonora, si introduce o si mantiene illecitamente nella sfera privata di una persona, riprendendone comportamenti che si svolgono in luoghi di privata dimora o in altri ambiti di vita personale non destinati ad essere osservati da estranei.
Nel caso in esame, l’utilizzo distorto dei sistemi di videosorveglianza, combinato con il ruolo professionale dell’indagato, ha rappresentato un’aggravante di contesto particolarmente significativa, poiché la fiducia riposta dai clienti in un tecnico specializzato è stata, secondo le ipotesi investigative, tradita e sfruttata per finalità illecite.
L’archivio nascosto e le microtelecamere installate in casa
L’accurata analisi del materiale sequestrato dal Nucleo Investigativo ha permesso di individuare anche un archivio strutturato, contenente fotografie delle figlie della convivente, alcune delle quali in tenera età, conservate e classificate per anno e per nominativo.
Le immagini, stando a quanto emerso, sarebbero state ottenute tramite microtelecamere occultate all’interno dell’abitazione familiare, in particolare in bagno e in altri ambienti di vita quotidiana, in momenti di assoluta intimità e inconsapevolezza delle vittime.
Questo ha aggiunto un ulteriore livello di gravità alla vicenda, facendo emergere un contesto in cui l’indagato avrebbe saputo sfruttare sia il proprio ruolo lavorativo, sia la posizione all’interno del nucleo familiare, per porre in essere condotte altamente invasive e lesive della dignità delle persone coinvolte.
La misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare
Considerata la complessità e la gravità del quadro probatorio emerso, l’Autorità Giudiziaria ha disposto nei confronti dell’uomo la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare in relazione al reato di detenzione di materiale pedopornografico.
La misura è stata eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Trieste e risponde all’esigenza di tutelare le vittime, in particolare le minori, proteggendole da ulteriori contatti e da qualunque possibile reiterazione di condotte analoghe.
Parallelamente, i dispositivi sequestrati continuano a essere oggetto di indagini tecniche approfondite per verificare l’eventuale presenza di ulteriore materiale e per ricostruire con precisione tempi, modalità e portata delle condotte contestate.
Indagini ancora in corso e possibile coinvolgimento di altre vittime
Le indagini non si fermano all’ambito familiare. Gli inquirenti stanno lavorando per accertare se l’accesso abusivo ai sistemi di videosorveglianza installati presso le case dei clienti abbia prodotto ulteriori conseguenze e se esistano altre persone inconsapevolmente riprese e la cui immagine sia stata salvata o archiviata.
L’attività investigativa mira a identificare eventuali ulteriori vittime e a verificare se il materiale acquisito possa essere stato in qualche modo condiviso, trasferito o diffuso, anche in contesti digitali più ampi.
Le persone che, a seguito delle verifiche, risultano potenzialmente coinvolte sono state informate dai Carabinieri e invitate a sporgere denuncia, in un’ottica di piena collaborazione e trasparenza con la cittadinanza.
Le garanzie per l’indagato e il richiamo alla presunzione di innocenza
Nel pieno rispetto del principio costituzionale di presunzione di innocenza, viene ricordato che il procedimento penale nei confronti dell’indagato si trova ancora nella fase delle indagini preliminari.
La responsabilità effettiva dell’uomo verrà valutata esclusivamente in sede processuale, quando sarà il giudice a pronunciarsi sui fatti contestati alla luce delle prove raccolte e del contraddittorio fra accusa e difesa.
Per garantire la tutela della persona indagata, non vengono rese note le generalità né forniti ulteriori elementi che possano condurre alla sua identificazione, in linea con le norme sulla privacy e con le disposizioni a tutela dei soggetti coinvolti in procedimenti penali, soprattutto in presenza di minori.