Lo spettacolo di Veronica Pivetti porta ad Artegna e nel circuito ERT un secolo di misoginia “scientifica”

Veronica Pivetti porta sul palco ad Artegna e nel circuito ERT uno spettacolo ironico tratto da testi misogini del Novecento.

17 novembre 2025 21:00
Lo spettacolo di Veronica Pivetti porta ad Artegna e nel circuito ERT un secolo di misoginia “scientifica” -
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ARTEGNA – “Capelli lunghi, cervello corto”. Con questa frase provocatoria del 1900 il neurologo Paul Julius Moebius apriva il suo trattato L’inferiorità mentale della donna, esempio emblematico di una stagione culturale intrisa di pregiudizi e presunte certezze “scientifiche”. Su queste basi Giovanna Gra ha costruito un lavoro teatrale che rilegge quei testi con taglio contemporaneo, definendoli un evergreen del pensiero reazionario, affidandone l’interpretazione a Veronica Pivetti, affiancata in scena da Cristian Ruiz.

La produzione è firmata dagli Artisti Associati di Gorizia insieme a Pigra srl, mentre la regia porta la firma congiunta di Giovanna Gra e Walter Mramor, con colonna sonora e arrangiamenti musicali di Alessandro Nidi.

Quattro date nel circuito ERT

Lo spettacolo aprirà nei prossimi giorni quattro cartelloni del Circuito ERT, inaugurando la tournée nelle sale del Friuli Venezia Giulia.
Il debutto è in programma giovedì 20 novembre al Nuovo Teatro Mons. Lavaroni di Artegna, seguito venerdì 21 novembre dall’appuntamento al Centro dei Magredi Livio Poldini di San Quirino.

Sabato 22 novembre sarà poi la volta del Teatro Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia, mentre domenica 23 novembre il percorso si concluderà al Teatro Paolo Maurensig di Tavagnacco, nell’ambito della stagione promossa con la Fondazione Bon.

Gli spettacoli inizieranno alle 20.45 ad Artegna, San Quirino e Casarsa, mentre a Tavagnacco il sipario si alzerà alle 20.30.

Tra Lombroso, Maréchal e canzoni d’epoca: la donna come “mostro” scientifico

Lo spettacolo mette in scena una selezione di testi quasi dimenticati, alcuni dei quali rappresentano tra le più assurde e discriminatorie teorie del secolo scorso. Pivetti assume il ruolo di una sorta di Mary Shelley contemporanea, narrando – con ironia e distacco – un processo di “costruzione del mostro” femminile compiuto da certa scienza dell’epoca.

Accanto al trattato di Moebius, Giovanna Gra ha attinto anche alle considerazioni di Cesare Lombroso, che sosteneva che “le donne mentono e spesso uccidono”, e al surreale “progetto di legge per vietare alle donne di leggere” dello scrittore e sedicente rivoluzionario Sylvain Maréchal, secondo cui la lettura sarebbe stata un’attività “superflua e nociva” per le donne.

Il racconto è arricchito da canzoni d’epoca e brani originali, oltre a momenti autobiografici e a deliranti misurazioni dell’indice cefalico, alle quali Pivetti si sottopone con la sua consueta ironia, trasformando la scena in un laboratorio satirico sulla storia della discriminazione di genere.

Il percorso artistico di Veronica Pivetti

L’attrice, doppiatrice e regista vanta una formazione multidisciplinare: dopo la maturità artistica si è diplomata in pittura all’Accademia di Brera e ha iniziato il doppiaggio a soli sette anni. Il cinema l’ha accolta nel 1996 con Carlo Verdone in Viaggi di nozze, mentre la televisione l’ha resa celebre in numerose serie di successo.

Nel 1998 ha calcato il palco di Sanremo accanto a Raimondo Vianello ed Eva Herzigova, mentre nel tempo ha condotto programmi come Per un pugno di libri e Amore criminale, oltre a partecipare a Le parole della settimana con Massimo Gramellini.

A teatro ha interpretato vari lavori, tra cui Sorelle d’Italia di Cristina Pezzoli, Tête à Tête, Mortaccia e – più recentemente – il fortunato Viktor und Viktoria (2018-2020) scritto da Giovanna Gra e diretto da Emanuele Gamba. A questo è seguita la black story musicale Stanno sparando sulla nostra canzone, confermando la sua versatilità scenica.

Un progetto che unisce ironia, memoria e riflessione

Lo spettacolo si presenta come un percorso pungente e brillante attraverso testi che, pur appartenendo al passato, risuonano ancora nel dibattito contemporaneo. Un modo per riflettere – tra musica, teatro e satira – su quanto la cultura misogina abbia inciso nella storia e quanto sia necessario continuare a decostruirla, anche attraverso il palcoscenico.

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