UDINE – Una tragedia annunciata scuote ancora una volta il Friuli, dove una donna di 46 anni, madre di tre figli, è stata uccisa brutalmente dall’ex marito, nonostante l’uomo fosse sottoposto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Un passato segnato dalla violenza
Samia Bent Rejab Kedim, tunisina residente da oltre vent’anni a Udine, aveva cercato in ogni modo di lasciarsi alle spalle anni di soprusi e umiliazioni. L’ex marito, Mohamed Naceur Saadi, 59enne, era stato più volte denunciato per comportamenti aggressivi e violenti. La giustizia era finalmente intervenuta nel marzo 2024 con una condanna a oltre cinque anni di reclusione per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale.
Una nuova vita interrotta
Nel frattempo, Samia aveva iniziato un percorso di rinascita, lontana da quell’uomo che per troppo tempo l’aveva resa prigioniera della paura. Continuava a vivere con il figlio minore nell’appartamento di via Joppi, mentre le due figlie maggiorenni si erano già trasferite altrove. Lavorava all’ospedale di Udine come addetta alle pulizie.
L’uomo ai domiciliari a Monfalcone
Dopo un periodo in carcere, l’ex marito era stato trasferito agli arresti domiciliari a Monfalcone, in un appartamento preso in affitto in via Dei Canziani. Lì viveva da solo, sottoposto a regolari controlli da parte delle forze dell’ordine, ma con due ore di libertà vigilata ogni martedì e giovedì mattina.
Il permesso trasformato in tragedia
Durante una di queste uscite concesse, martedì 15 aprile, ha raggiunto Udine. Proprio due giorni prima Samia aveva avviato ufficialmente la procedura per la separazione in tribunale. L’uomo, che non accettava l’idea di una vita senza di lei, ha utilizzato quel breve permesso per attuare il suo terribile piano. Dopo averla raggiunta, l’ha colpita a morte con un oggetto contundente.
L’ennesimo caso che solleva interrogativi
Questa vicenda riapre la discussione sulla reale efficacia delle misure di controllo come il braccialetto elettronico, già oggetto di critiche in altri casi simili. Come già accaduto, la concessione di permessi temporanei a soggetti condannati per reati gravi si è dimostrata una falla nel sistema di protezione delle vittime.