Fase 2: «più del 20% delle città italiane non sono pronte a ripartire»
La pandemia di COVID19 ha messo a dura prova le nostre città, alleprese con il lockdown e la gestione dell’emergenza sanitaria, economica e sociale. Le condizioni per la ripartenza post-COVID19 sono a...
La pandemia di COVID19 ha messo a dura prova le nostre città, alle
prese con il lockdown e la gestione dell’emergenza sanitaria, economica e
sociale. Le condizioni per la ripartenza post-COVID19 sono ancora da definire nel dettaglio, ma i contorni sono noti:
1. Adeguamento delle strutture sanitarie, sia in termini di posti
letto (soprattutto in terapia intensiva, per la cura dei malati gravi)
sia di medicina di base, per la sorveglianza epidemiologica;
2. Riorganizzazione delle infrastrutture di mobilità, verso una
maggiore flessibilità del trasporto pubblico ed una moltiplicazione
della mobilità alternativa;
3. Potenziamento delle reti di telecomunicazioni, per supportare non
solo lo smart working, la didattica a distanza e l’entertainment
on-line, ma anche il tracciamento capillare degli individui attraverso
le reti mobili;
4. Rafforzamento delle tecnologie di controllo delle città, per
monitorare gli affollamenti e gli assembramenti, regolare opportunamente
l’afflusso ai mezzi pubblici e agli esercizi commerciali, quando
verranno riaperti.
La situazione di partenza: il livello del contagio nelle città
Le città non partiranno tutte dalla stessa situazione. Il COVID-19
non ha colpito in egual misura tutti i territori e la penetrazione dei
contagi in rapporto alla popolazione è molto diversa da città a città,
anche all’interno della stessa regione. Le città più colpite (numero di
contagi totali su 10.000 abitanti ) sono Cremona (con 151 contagiati
totali su 10.000 abitanti) seguita da Lodi (118 contagiati su 10.000
ab.) e Piacenza (117). In una situazione critica sono quasi tutte le
città della Lombardia (oltre a Lodi e Piacenza, soprattutto Bergamo con
96 contagiati su 10.000 ab. e Brescia con 94, ma Varese, la meno
contagiata della Lombardia, è a metà classifica, con solo 24 contagiati
su 10.000 ab.), diverse città dell’Emilia-Romagna (oltre a Piacenza,
anche Reggio Emilia, Parma e Rimini, tutte con valori superiori ai 50
contagiati per 10.000 ab., ma con Ravenna e Ferrara a metà classifica
con 23 e 22 contagiati per 10.000 ab.), Aosta, Trento e diverse città
del Piemonte (Verbania, Alessandria, Vercelli nelle 20 città italiane
più contagiate e le altre comunque nelle prime 40). Tra le città più
contagiate anche Imperia, Massa, Genova, Bolzano, Trieste. Tra le città
del Veneto, Verona è la più colpita (poco sotto i 40 contagiati per
10.000 ab.), ma Rovigo ne ha solo 13, confermando un miglior controllo
dell’infezione nelle città venete e del Friuli-Venezia Giulia (che è
complessivamente la regione meno colpita del Nord). Nella parte “buona”
della classifica, vi sono tutte città del Sud, soprattutto le isole
(Sardegna e Sicilia), ma anche Calabria, Basilicata, Puglia.
6 LE LEVE INDIVIDUATE DA EY a disposizione delle città per ripartire
1. Un’organizzazione della risposta sanitaria all’altezza (posti
letto negli ospedali, medici di medicina generale, farmacie per la
distribuzione dei dispositivi di protezione);
2. Infrastrutture di mobilità capienti (in grado comunque di
trasportare un certo numero di cittadini senza eccessivo affollamento),
flessibili (ad es. integrate con bike e car sharing e anche i
monopattini, secondo alcuni il mezzo più indicato nella nuova
situazione) e organizzate per la logistica urbana, il tutto supportato
da servizi di infomobilità (es. app) che ne consentano un più facile e
immediato utilizzo;
3. Ampia copertura delle infrastrutture di comunicazione a banda
ultralarga fissa (fibra ottica) e mobile (5G), wi-fi pubblico capillare,
scuole e amministrazioni già connesse in fibra ottica;
4. Capacità di tenere sotto controllo la città attraverso la
sensoristica e le centrali di controllo urbano (traffico, sicurezza),
elementi indispensabili per monitorare in tempo reale i flussi di
spostamento dei cittadini, prevenire le situazioni di congestionamento e
regolare tempi e orari di spostamento dei cittadini evitando i picchi
degli orari di punta;
5. Servizi pubblici interamente digitalizzati, che permettono la
continuità di erogazione dei servizi evitando l’affollamento agli
sportelli;
6. Elevata capacità di engagement digitale dei cittadini
(comunicazione con app e social network), perché garantisce maggiormente
che le app di tracciamento vengano scaricate dalla maggioranza dei
cittadini, più abituati ad interagire con la PA attraverso gli strumenti
digitali.
Le città che hanno le infrastrutture più resilienti e le tecnologie più avanzate, sono pronte più di altre a ripartire.
Lo Smart City Index di EY misura da anni molti indicatori di questi
fenomeni (che sono raggruppati sotto la categoria della “resilienza”),
ed è quindi in grado di valutare il livello di “readiness” delle città
italiane alla ripartenza.
I diversi percorsi delle città per la fase 2
Allo stato attuale del dibattito il tema della differenziazione
geografica della fase 2 è in corso di approfondimento. Le condizioni per
la riapertura dipendono da fattori sanitari, economici e sociali. È
però indubbio che le città hanno situazioni e prospettive molto diverse,
il che rende evidente che trarranno dalla ripartenza vantaggi
diversificati: una città con un livello di contagio più elevato potrebbe
essere costretta a dover mantenere più rigorosamente il distanziamento
sociale rispetto ad un’altra che ha meno contagi e che può consentire ai
cittadini una maggiore libertà di movimento, con meno ripercussioni in
termini di nuove ondate di contagi. E se questa città ha un sistema di
mobilità più capiente e più flessibile, se il suo sistema di logistica
urbana è più avanzato, se ha più fibra ottica nelle abitazioni e magari
il 5G è già partito, ecco che potrà permettersi ancora più libertà di
azione, perché i suoi cittadini potranno ad esempio fare più agevolmente
smart working e didattica a distanza, avere più facilmente la spesa a
domicilio ed uscire solo quando è strettamente necessario; se invece non
hanno banda sufficiente e non riescono a lavorare efficacemente da
casa, saranno costretti ad andare più spesso in ufficio ed aumentare
così i rischi di assembramenti. Le città del Nord, generalmente più
mature nella gestione dei fenomeni sopra descritti, e quindi dotate di
più leve, sono in teoria più avvantaggiate nella ripartenza, tuttavia,
come visto in precedenza, partono da una situazione di contagio molto
più elevato e saranno quindi costrette ad una ripartenza più cauta.
Incrociando i dati del contagio con gli indicatori di resilienza dello
Smart City Index di EY, che misurano le leve a disposizione delle città,
ne nasce una mappa della ripartenza post-COVID19, in cui ogni città è
fortemente condizionata nel suo percorso dalla situazione di partenza,
misurata qui, come esempio, dalla % di contagio della popolazione.
«Non è detto che le città più resilienti riescano a trarre più
vantaggi dalla ripartenza, perché molte di esse hanno una situazione più
complessa da affrontare -, dice Marco Mena, Senior
Advisor di EY, responsabile dello Smart City Index -. Tutte le città
devono sfruttare gli investimenti fatti nella smart city negli ultimi
anni e capitalizzarli verso la ripartenza, facendo sistema tra i
soggetti coinvolti. Chi è in una situazione critica di contagio farà
molto più fatica a muoversi in quest’ottica, mentre le città che hanno
il contagio sotto controllo hanno maggiori probabilità di sfruttare la
ripartenza e tornare più velocemente alla situazione che definiremo “new
normal”, che sarà comunque molto diversa da quella precedente. Noi
stimiamo che più del 20% dei capoluoghi italiani non sarà in condizione
di cogliere immediatamente questa opportunità, ma farà molta fatica,
perché non ha le infrastrutture e le tecnologie adatte ad affrontare la
complessità della ripartenza». Oltre a questi aspetti, ci sono delle
scelte più legate alla governance, per indirizzare investimenti e
comportamenti. «Le città dovranno quindi definire i piani della
ripartenza, che avranno ovviamente una declinazione locale molto spinta –
commenta Andrea D’Acunto, Mediterranean Government and
Public Sector Leader di EY, -. Nel fare questo, oltre a tenere conto
della situazione del contagio e dello stato delle infrastrutture urbane,
dovranno lavorare imprescindibilmente su altri fattori, come la
comunicazione per influenzare i comportamenti dei cittadini, la
rifocalizzazione dei fondi nazionali ed europei sugli investimenti su
infrastrutture e servizi e lo snellimento delle decisioni per favorire
la collaborazione con i soggetti privati in grado di capitalizzare sulle
infrastrutture e sviluppare i servizi (es. sanità e mobilità). Diviene
quindi indispensabile la velocità nel mettere a punto le concessioni e
lanciare i servizi per adattarsi al cambio di abitudini e creare il “new
normal” delle città».

Dall’incrocio tra il livello di resilienza dato dallo Smart City
Index di EY con il livello di contagio rispetto alla popolazione
(assunto come parametro di misurazione delle situazioni di partenza), ne
nascono quattro SCENARI, che individuano altrettanti “cluster” di
possibili vantaggi nella ripartenza. Si tratta di quattro cluster che
indicano come le città possano approfittare della ripartenza, sulla base
per l’appunto di due elementi:
1. da una parte la situazione relativa al contagio, che condiziona l’allentamento dei vincoli;
2. dall’altra la “resilienza”, e cioè le infrastrutture e le tecnologie
che consentono di supportare la ripartenza e di raggiungere più
facilmente o più velocemente il “new normal”.

I quattro cluster, sulla base della diffusione del contagio ad oggi
(situazione che può cambiare nelle prossime settimane), sono:
1) Ripartenza facile (basso contagio/buona resilienza):
sono le città (prevalentemente del Centro e del Sud) dove approfittare
della ripartenza è più facile, perché hanno le infrastrutture e le
tecnologie già pronte, e possono controllare meglio i pochi contagi sul
loro territorio. Cagliari è la città dove la ripartenza potrebbe essere
più facile, grazie ad un ottimo sistema di trasporto pubblico integrato
dai servizi di sharing mobility e fortemente digitalizzato, e ad una
rete di sensori collegati ad una centrale di controllo urbano molto
avanzata. Appartengono a questo cluster anche città del Sud
tradizionalmente dinamiche come Bari e Lecce, ma anche alcune città
medie del centro-nord, come Siena, Pisa, Pordenone, Udine, che hanno
infrastrutture e tecnologie di ottimo livello, e che sono state
abbastanza al riparo dal contagio;

2) Ripartenza lenta (basso contagio/scarsa resilienza):
sono città (anche in questo caso molte del Sud: Caltanissetta, Caserta,
Crotone, ma anche alcune del Centro Italia come Viterbo e L’Aquila)
dove la ripartenza potrebbe avvenire assai presto, dato il basso livello
di contagio, ma più lentamente, perché le loro infrastrutture di
mobilità e comunicazione non sono di livello elevato e non consentono
grandi prestazioni.

3) Ripartenza frenata (alto contagio/buona resilienza):
sono le città del Nord tradizionalmente “smart”, come Milano, Bergamo,
Brescia, Piacenza, ecc., che, pur avendo sistemi di mobilità, reti TLC e
reti di sensori molto avanzate, appaiono frenate nella ripartenza da
alti livelli di contagio (spesso correlati ad elevati livelli di
ospedalizzazione e carenza di medici di base sul territorio);

4) Ripartenza critica (alto contagio/scarsa resilienza):
sono le città dove la ripartenza appare più critica, perché accanto a
situazioni di contagio molto elevate si abbinano livelli di resilienza
molto bassi (reti di trasporto pubblico poco capillari e scarsa presenza
del car sharing, limitate coperture TLC, pochi sensori sul territorio e
mancanza di piattaforme e centrali di controllo dove raccogliere i
dati). Sono città come Cremona, Lodi, Lecco, Alessandria, Verbania,
raramente ai primi posti nelle classifiche di smart city italiane, dove
sembrano mancare le leve delle infrastrutture moderne e delle tecnologie
avanzate per potersi risollevare prontamente.
