Caporalato, oltre 400 lavoratori a nero e maxi frode fiscale milionaria

Oltre 400 lavoratori irregolari, redditi sottratti a tassazione per 5,3 milioni di euro, contributi e ritenute non versate per 3,1 milioni di euro, 7 persone indagate e un sequestro per equivalente pe...

20 agosto 2021 10:47
Caporalato, oltre 400 lavoratori a nero e maxi frode fiscale milionaria -
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Oltre 400 lavoratori irregolari, redditi sottratti a tassazione per 5,3 milioni di euro, contributi e ritenute non versate per 3,1 milioni di euro, 7 persone indagate e un sequestro per equivalente per 840.000 euro. Questi, in sintesi, i risultati di indagini, durate quasi due anni, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Pordenone.

L’attività ha avuto origine da un’analisi di contesto nella Provincia di Pordenone sulla non episodica presenza di società estere operanti nella fornitura di manodopera a favore di terze aziende (anche insistenti presso altre provincie, tra cui i cantieri navali di Monfalcone e Venezia) che ha permesso di individuare diverse società di diritto rumeno tutte aventi in comune:

– “formali” sedi estere,
circostanza per la quale non ottemperavano a qualsivoglia obbligo dichiarativo,
sia ai fini fiscali che previdenziali;

– l’operatività nel settore della
somministrazione di manodopera specializzata, costituita perlopiù da cittadini
rumeni, estemporaneamente dimoranti in Italia e formalmente inquadrati con
contratti di diritto estero;

– essere oggetto di segnalazioni
antiriciclaggio, per cosiddette “operazioni sospette”, in relazione ad ingenti
transazioni in denaro contante, poi utilizzato per pagamenti “fuori busta” ai
lavoratori.

Sulla base di tali evidenze
informative la Procura della Repubblica di Pordenone delegava le Fiamme Gialle
di Pordenone ad effettuare le necessarie ulteriori indagini, al termine delle
quali si rilevava probatoriamente la fittizia localizzazione all’estero delle
aziende, di fatto amministrate a Pordenone e le cui attività imprenditoriali
venivano esercitate esclusivamente nel territorio nazionale.

Detta oggettiva situazione
consentiva di rilevare la cosiddetta “esterovestizione”, sistema evasivo con il
quale attività di impresa condotte in Italia (Stato in cui dovrebbero sorgere
gli obblighi tributari) vengono fittiziamente “allocate” all’estero.

Peraltro, successive attività
investigative condotte mediante strumenti rogatoriali, disposte dalla Procura
della Repubblica di Pordenone in Romania, permettevano di rilevare come tali
società, comunque, non dichiaravano i redditi conseguiti neanche in quel Paese.

Inoltre, l’attività condotta
dagli uomini della Guardia di Finanza permetteva di accertare che le centinaia
di lavoratori gestiti dalle società, distaccati presso i cantieri e gli
stabilimenti di aziende italiane attive nel settore della metalmeccanica
ubicati perlopiù nel Triveneto (in particolare nelle province di Venezia,
Treviso, Gorizia e Udine), venivano assunti con contratti di diritto rumeno,
apparentemente con la previsione di retribuzioni lorde di poche centinaia di
euro (e con conseguenti contributi previdenziali, previsti dalla normativa rumena,
di pochi euro mensili), mentre, in realtà, gli stessi venivano retribuiti con
paga oraria tra i 6 e i 9 euro, arrivando a percepire retribuzioni mensili tra
i 1.400 e i 2.000 euro, quasi in linea con i contratti nazionali. Detti
emolumenti venivano corrisposti al personale, in violazione alla normativa
specifica, in contanti, “a nero”, omettendo di ulteriormente operare le
obbligatorie ritenute fiscali e contributive. Ancora, le società estere
indagate risultavano essere un mero “serbatoio di manodopera” che veniva,
sostanzialmente, somministrata in assenza delle prescritte autorizzazioni
normativamente previste sia a tutela dei lavoratori, che degli Enti
previdenziali e contributivi in relazione agli obblighi giuslavoristici.

Sono, pertanto, state contestate,
nella forma basica della violazione, somministrazioni illecite di manodopera
(cosiddetto “caporalato”) connesse ad appalti di servizi non genuini aventi
come scopo finale il trasferimento surrettizio, in capo a un soggetto diverso
dall’effettivo datore di lavoro, di tutte le obbligazioni nascenti dal rapporto
di lavoro subordinato, con particolare riferimento a quelle relative al
versamento dei contributi, oltre che delle ritenute fiscali sui redditi da
lavoro dipendente.

Dette condotte illecite sono
realizzabili attraverso uno schema che vede l’interposizione, tra il reale
datore di lavoro (utilizzatore) e il lavoratore dipendente, di un terzo
soggetto (somministratore), che assolve solo “cartolarmente” alle funzioni
proprie del datore di lavoro e che non possiede i requisiti previsti per
l’esercizio legittimo dell’attività delle agenzie di somministrazione.

Il descritto sistema di
“delocalizzazione illecita della manodopera” consente, quindi, alle imprese
utilizzatrici/committenti di acquisire forza lavoro formalmente regolare a
prezzi molto vantaggiosi (effetto dumping), ricorrendo a siffatte società
estere, come detto caratterizzate dall’assenza di vere strutture organizzative
e che sistematicamente non rispettano gli obblighi dichiarativi e di versamento
delle imposte e dei contributi. Sono, pertanto, in corso ulteriori
approfondimenti nei confronti delle società italiane che hanno, con siffatte
modalità, utilizzato la forza lavoro mediante “strumentali” contratti
formalizzati per solo apparenti “prestazioni di servizio”.

Sulla scorta delle evidenze
informative, la Procura della Repubblica di Pordenone ha richiesto ed ottenuto
dall’ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari l’emissione di un
provvedimento di sequestro preventivo per un importo di 840.000 euro (pari alle
imposte evase) in parte già eseguito su disponibilità liquide dei sette
soggetti allo stato indagati, tutti cittadini rumeni.

Al termine delle indagini penali, le Fiamme Gialle hanno, infine, perseguito amministrativamente le società riprendendo a tassazione i redditi realmente prodotti che, sulla scorta della loro “formale” sede estera, non erano stati dichiarati. Prosegue incessante, anche in questo periodo pandemico, l’attività della Guardia di Finanza volta alla salvaguardia dell’economia “sana” del Paese, minata, come in questo caso, anche dai non episodici fenomeni del “sommerso d’azienda” e del “lavoro irregolare” che, abbassando illegalmente i costi di esercizio, ne compromettono l’equilibrio economico e finanziario. (foto di repertorio)

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