Addio ad Andrea De Adamich, il pilota che divenne la voce della Formula 1
Si è spento a 84 anni il triestino Andrea de Adamich, leggenda del motorsport italiano
TRIESTE – Si è spento all’età di 84 anni Andrea De Adamich, figura leggendaria del motorsport italiano.
Pilota carismatico e voce inconfondibile della Formula 1, De Adamich ha lasciato un segno indelebile nella storia delle quattro ruote.
È morto nella notte tra il 4 e il 5 novembre a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, dove aveva fondato nel 1991 il celebre Centro di Guida Sicura, diventato negli anni un punto di riferimento per professionisti e appassionati. Accanto a lui, sempre il figlio Gordon, con cui aveva condiviso la passione per i motori e l’impegno nella formazione delle nuove generazioni di piloti.
Gli inizi e l’ascesa nel mondo delle corse
Nato a Trieste il 3 ottobre 1941, Andrea De Adamich ha vissuto l’automobilismo con dedizione totale. Fin dai primi anni Sessanta il suo talento emerse con forza: nel 1963 esordì nelle competizioni e solo due anni più tardi conquistò il titolo di Campione Italiano di Formula 3.
Questo traguardo gli aprì le porte dell’Alfa Romeo, con cui ottenne due successi europei nella categoria Turismo, nel 1966 e 1967, al volante della leggendaria Giulia GTA.
Dalla Ferrari alla Formula 1
Nel 1968 arrivò la chiamata della Ferrari, simbolo per eccellenza del motorismo italiano. De Adamich corse in Formula 1 fino al 1973, collaborando con alcune tra le più prestigiose scuderie dell’epoca: Ferrari, McLaren, March, Surtees e Brabham.
Partecipò a 36 Gran Premi, distinguendosi per la sua classe di guida e il suo approccio sempre pulito e preciso.
Dalla pista al microfono: la voce dei motori
Dopo l’addio alle competizioni, Andrea De Adamich seppe reinventarsi come giornalista e commentatore televisivo, portando la stessa competenza e passione che aveva mostrato in pista. A partire dal 1982 divenne il volto di Grand Prix, la storica trasmissione di Mediaset dedicata ai motori, dove lavorò accanto a Guido Schittone.
Le sue telecronache, sempre precise e mai banali, rappresentarono un modello di giornalismo sportivo di qualità, capace di coniugare analisi e passione.
Con la sua scomparsa, l’Italia saluta non solo un pilota e un telecronista, ma un simbolo della cultura motoristica nazionale, capace di raccontare con competenza e sentimento le grandi sfide del motorsport.